AVV. CRISFULLI (DIPARTIMENTO GIUSTIZIA):
5 MOTIVI PER DIRE SI AI REFERENDUM DEL
12 GIUGNO 2022
Bolzano 06 giugno 2022
Affidare ad un referendum abrogativo la riforma della Giustizia italiana non è certamente la via privilegiata per risolvere alcuni dei problemi più complessi e impellenti che attanagliano da sempre l’intera funzione giurisdizionale.
Tempi biblici per concludere un processo, indagati trasformati in condannati e dati in pasto alla pubblica gogna ancor prima di una sentenza di primo grado, guerre fratricide tra correnti all’interno della magistratura, carenze d’organico che rallentano significativamente il lavoro di magistrati e cancellerie, abuso dello strumento della carcerazione preventiva, sovraffollamento carcerario sono solo alcuni dei grandi mali che affliggono la nostra Giustizia e che richiederebbero una riforma organica, da troppo tempo attesa, piuttosto che l’abrogazione di alcune disposizioni affidate ad una scelta secca, un taglio d’accetta espresso attraverso un sì o un no, senza le mille sfumature che solo un intervento parlamentare di largo respiro potrebbe contemplare.
Ai promotori del referendum bisogna però dare il merito di aver assunto l’iniziativa anche per mandare un chiaro segnale rispetto all’intollerabile inerzia del legislatore: se chi detiene il potere legislativo non è stato in grado di riformare la Giustizia pur essendo evidente la straordinaria necessità di intervenire senza ulteriori differimenti, saranno allora i cittadini ad armarsi di piccone per smontare alcune delle anomalie più evidenti che la zavorrano e la rendono ingiusta.
Ed è proprio per soddisfare questo proposito, che ritengo importante andare a votare al referendum del 12 giugno e rispondere sì ai cinque quesiti referendari.
Sul primo quesito relativo all’abrogazione della c.d. Legge Severino, pur consapevole della bontà di tale legge nelle parti in cui impedisce ad un funzionario pubblico condannato in via definitiva, di potersi ricandidare ed essere eletto, sono convinto che le ragioni del sì prevalgano su quelle del no per garantire un principio fondamentale del nostro Ordinamento: la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva. Con la Legge Severino, infatti, anche un condannato in primo grado – che potrebbe essere assolto nei successivi gradi del procedimento – verrebbe estromesso dall’elettorato passivo, e ciò non è tollerabile per chi, come la Civica per Bolzano, sposa valori di garantismo e massima tutela per l’imputato nel corso dell’intero iter processuale. Nessuna apertura alla candidabilità dei condannati in via definitiva: l’interdizione dei pubblici uffici può essere facilmente ripristinata come pena accessoria per scelta del giudice senza alcun automatismo come previsto dalla legge che si intende abrogare.
Il secondo quesito tende a limitare la misura della custodia cautelare in carcere, sul presupposto che la privazione della libertà, prima di una condanna definitiva, debba avvenire solo in casi eccezionali e qualora non vi sia altro rimedio disponibile. Votando sì, resterà la possibilità di procedere con la carcerazione preventiva in caso di pericolo di fuga, inquinamento delle prove e rischio di reiterare reati di particolare gravità come ad esempio reati connessi con la criminalità organizzata o con l’uso di armi o altri mezzi violenti. Dico sì per limitare l’abuso della carcerazione preventiva e porvi un freno.
Con il terzo quesito si chiede di separare le funzioni tra pubblici ministeri e giudici puntando a rendere definitiva la scelta all’inizio della carriera di una o dell’altra funzione. Anche questo quesito mi vede favorevole auspicando, subito dopo il voto, il varo di una riforma costituzionale che preveda una doppia procedura concorsuale e un doppio CSM, uno per i pubblici ministeri e uno per i giudici. Questa posizione non si basa su una supposta contiguità tra magistrati inquirenti e giudicanti che possa minare la terzietà ed imparzialità del giudice, eventualità questa già scongiurata dalle garanzie costituzionali. Piuttosto, ritengo che la separazione delle carriere possa favorire una maggiore specializzazione dei magistrati inquirenti ed una loro caratterizzazione professionale e ciò possa evitare una commistione tra culture di organi chiamati a svolgere funzioni assai diverse tra loro.
Il sì al quarto quesito consentirà agli avvocati e ai professori universitari, all’interno del Consiglio direttivo della Cassazione e dei Consigli giudiziari regionali – organi del Csm – di valutare la professionalità di giudici e pm. Questa importante apertura farà da stimolo a un miglioramento del sistema di valutazione dei magistrati, facendo partecipare l’intera comunità giudiziaria di cui gli avvocati “sono parte fondamentale ed autorevole”, come peraltro auspicato anche di recente dall’Organismo Congressuale Forense (OCF), organismo di vertice di rappresentanza politica dell’Avvocatura italiana.
Il quinto ed ultimo quesito tenta di porre un freno al correntismo all’interno della Magistratura e mi vede assolutamente favorevole. Il quesito, volto a superare il limite minimo di firme di presentazione della candidatura al CSM, non può che essere sostenuto perché finalizzato a rendere più democratico il meccanismo elettorale all’interno del CSM, limitando l’intollerabile ingerenza delle correnti, una delle peggiori piaghe che anche di recente hanno mostrato il lato oscuro e meno nobile della magistratura italiana.
UFFICIO STAMPA
La Civica per Bolzano